Longevità, carisma e sintomatico mistero 🦈
A intervalli regolari mi imbatto nei pregevoli pezzi giornalistici di testate affidabili e integerrime (come La Repubblica e il Corriere della Sera) che riportano mirabilia del mondo animale. Fa tanto effetto all’italiano medio (e pure a me, sono una persona semplice) che lo squalo della Groenlandia raggiunga la maturità sessuale a 150 anni. Ho letto la notizia a una mia collega che mi ha risposto: “e sicuro a 151 schiatta”. E invece no. Be free, squalo della Groenlandia, e soddisfa i tuoi appettiti carnali, ‘a mamma.

(fonte: WaterFrame/Alamy)
Lo squalo della Groenlandia è un mistero per l’uomo, perché vive a temperature sottomarine così estreme da sfuggire a gran parte dei Grande Fratello che gli studiosi piazzano nelle acque artiche. Fino a ora non è stato scoperto granché, a parte che può vivere fino a 272 anni o fino ai 500, chissà; che questa longevità potrebbe essere dovuta al freddo ambiente della Groenlandia, che garantisce una bassa temperatura corporea, un metabolismo più lento e, in sostanza, un minore decadimento dei tessuti (quindi le docce di contrasto funzionano davvero contro la cellulite); che nuota molto più lentamente dello squalo bianco, molto simile a lui per conformazione.

Possiamo imparare un po’ di cose dallo squalo della Groenlandia. Ve le elencherò, prendendo in prestito le parole di personaggi molto più vicini alla nostra cultura:
1) λάθε βιώσας - vivi nascostamente (Epicuro);
2) Te lo dico da amico, fatti li cazzi tua (Antonio Razzi);
3) Mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura (Fabrizio De André).
Altro che Somniosus microcephalus (Sonnolento con la testa piccola): lo squalo della Groenlandia c’ha capito tutto, e da un sacco di tempo. Vedremo se ci sopravvivrà o se in qualche modo riusciremo a fare fuori anche lui con la nostra infinita stupidità.
Viva la vita lenta, viva la solitudine. Bacioni, Amici.
Gli squali
Di noi che cosa fugge sul filo della corrente?
Oh, di una storia che non ebbe un seguito
stracci di luce, smorti volti, sperse
lampàre che un attimo ravviva
e lo sbrecciato cappello di paglia
che questa ultima estate ci abbandona.
Le nostre estati, lo vedi,
memoria che ancora hai desideri:
in te l’arco si tende dalla marina
ma non vola la punta più al mio cuore.
Odi nel mezzo sonno l’eguale
veglia del mare e dietro quella
certe voci di festa.E presto delusi dalla preda
gli squali che laggiù solcano il golfo
presto tra loro si faranno a brani.Vittorio Sereni, in Gli strumenti umani, Torino, Einaudi, 1965
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