Chiamami col mio nome: Birba
Le vostre impressioni sui gatti sono sempre state più che corrette. La lobby gattara del web vi ha fatto dubitare di voi stessi, vi ha fatto sentire inadeguati.
Avete chiamato un gatto con il suo nome, fatto schschsch con annesso gesto mahmoodiano, sfregando il pollice fra l’indice e il medio, ma non è bastato: il gatto si è dato alla fuga, manco lo aveste rincorso con un manganello. Ecco, il problema non siete voi, perché i gatti vi capiscono benissimo - è che so’ stronzi. I gatti rispondono quando vengono chiamati col loro nome, secondo dei ricercatori dell’Università di Tokyo.

All’esperimento condotto da questi visionari hanno preso parte 78 esemplari di Felis catus, fra comuni gatti domestici e coinquilini di un cat cafè (quei bar shabby chic dove rischi di sederti per sbaglio su un gatto).
Secondo i ricercatori questi felini riconoscono la sequenza di foni che compone il loro nome: reagiscono in modo particolare solo quando vengono chiamati con il proprio nome - mica con quelli di Pallina o Felix o con una pernacchia rumorosa. L’esperimento, che si è protratto nel tempo, consisteva nel presentare al gatto quattro parole, di cui una sola era il nome del gatto. I gatti riconoscevano il proprio nome anche se pronunciato con intonazioni differenti o da persone a loro non familiari.
I gatti sono in grado di riconoscere il proprio nome, perché quasi sempre lo associano con uno stimolo particolare: una chiamata all’ammonimento, al gioco, o alla ricompensa (come il cibo).
È una forma di comunicazione, per quanto primordiale, che merita di essere approfondita. D’altronde il linguaggio dei cani è stato esplorato più a fondo proprio per la predisposizione del cane a mettersi in rapporto con l’uomo.

Sono questi gli anni d’oro per il popolo green e animalista. Papa Francesco ha ripreso la linea animalista di Paolo VI, secondo il quale “anche gli animali sono creature di Dio, che nella loro muta sofferenza sono un segno dell’impronta universale del peccato e dell’universale attesa della redenzione”.
Quindi anche gli animali possono andare in Paradiso. Ma quali animali? Gli animali domestici o quelli forastici? I cani? I gatti?

I gatti hanno coscienza di sé, si meritano il Paradiso, o sono fedeli servitori del maligno, manifesta rappresentazione di Satana sulla Terra? Perché il Ministro dell’Interno ha invitato i suoi Amici a condividere le foto dei Bambini Felini, e non dei Bambini Canini?
Mi pare chiaro che la questione sia più grande di quanto sembri. Attendo comunque risposte dai rappresentanti del Team Gatti, se ce ne fossero fra gli iscritti a AFDV.
Un gatto che dorme il pomeriggio
nel larghissimo letto padronale
in un punto qualunque, però comodo,
che si svegli in un’ora qualunque
perché qualcuno passa e lo carezza,
non si sveglia del tutto né si chiede
chi è che lo carezza, ma si sporge
dal sonno solo un po’
per stirarsi in arrendevole lunghezza
perché duri di più quella carezza.
Forse così potrebbe essere l’amore.Patrizia Cavalli